La propaganda è come un sudario che copre tutto, prima ancora che accada. Uomini e pietre, dubbi e verità, gli attriti e le casualità nella catena di comando con cui si è arrivati alla decisione. Se il generale Tuker non si fosse ammalato. Se Francis Tuker, chiamato “Gertie”, non avesse disprezzato così profondamente tutti i suoi superiori definendo il generale Freyberg “un somaro ostinato”, il generale Clark “un vistoso ignorante”, il generale Alexander “una ruota di scambio indolente”. Se non avesse avuto tutto il tempo per leggere e rileggere la descrizione dell’abbazia sino ad assaporarne lo spessore delle mura, il numero e la collocazione delle finestre, la resistenza del portone che rappresenta l’unico suo accesso. Se la quella presenza bianca non si fosse impossessata delle sue notti come il fantasma della balena al capitano Achab, – qualcosa da abbattere, quando non rimane altro-, se non si fosse convinto che il monastero era una fortezza, ribadendolo al suo medico e forse persino ai suoi valorosi gurkha o indiani che d’ora in avanti avrebbero obbedito a un altro.

Ho capito che il razzismo è semplicemente poter decidere chi sei, poterti mettere fra i negri anche se sei bianco.

Solo quando si fermò in cima, Rapata si ricordò che tutti i cimiteri di guerra che aveva visto, presentavano, per quanto concernesse l’erba, lo stesso aspetto, solo che quelli non li aveva calpestati, ma solo visti nei film dove, tra l’altro, custodivano quasi sempre i corpi di caduti statunitensi. Non era colpa degli inglesi, quindi, stavolta, semplicemente si usava così e basta, come se per preservare adeguatamente le spoglie dei militari, la stessa natura andasse messa in riga e uniformata. Leggi il seguito di questo post »